Fatti che non volevate sapere ma ve li dico lo stesso

Quando mi chiedono di scrivere qualcosa.

Una volta sono stata piccola. Più piccola di adesso, è strano immaginarlo, ma lo sono stata. Ero l’unica femmina. Mio padre aveva posto dei divieti severissimi a mia madre: non lasciare che altre persone la prendano in braccio, non farla giocare all’aperto, potrebbe cadere e farsi male, non permetterle di dedicarsi ad attività violente (le capriole possono essere violentissime, si sa), tienile i fratelli lontani a meno che non vogliano giocare a Monopoli, crescila come una femmina antica di buona famiglia, anche se non avevamo un cazzo di soldi e nessun rango nobiliare di appartenenza. La vita all’aperto mi era negata quindi, così come il contatto con altri bambini. Giocavo da sola e mi annoiavo molto fino a quando mia madre non mi ha insegnato a leggere e scrivere. Avevo quattro anni. Da quel momento in poi ho cominciato a parlare con i personaggi dei libri, a vederli attorno a me. Questo a mio padre andava bene: tutto era preferibile alle ginocchia sbucciate o a cicatrici che avrebbero per sempre compromesso la mia bellezza e la capacità (ovvio!) di trovare facilmente marito. Era il 1984 e no, non vivevo a Downton Abbey.

Riassumendo: cantavo (Maria Callas era una delle mie migliori amiche), sfilavo (non prima di aver disteso lungo il corridoio una serie infinita di tovaglioli, rigorosamente stirati), leggevo, scrivevo e disegnavo. Inventavo storie, parlavo da sola, pettinavo bambole.

Presto mio padre si è accorto che sapevo scrivere. Non solo graficamente: avevo un sacco di inventiva. Creavo storie, personaggi, descrivevo benissimo cose che non avevo mai visto né fatto in vita mia. Riuscivo a trasformare il nostro piccolo appartamento in una giungla, in un castello, in un vascello dei pirati. Allora mi ha passato la sua macchina da scrivere, una Olivetti Lettera 32 e mi ha insegnato a usarla. Da allora non mi sono più fermata. Ho scritto sempre, ovunque, ho accumulato taccuini, quaderni, blocchetti, risme. Ho scritto decine di lettere d’amore per i fidanzati delle mie amiche, “fallo tu che io non sono capace”, lettere ad attori e cantanti, biglietti di auguri, di ringraziamento, testi per le recite scolastiche, racconti di natale da leggere a tavola ai parenti, racconti per concorsi, poi i blog, le riviste letterarie, articoli, poesie addirittura, cose di lavoro.

Nonostante tutto, nonostante sappia esattamente come si fa a scrivere (prendi un foglio, una penna, ti siedi e scrivi, non ci sono cazzi), ogni volta che qualcuno me lo chiede, io entro nel panico. Mi fanno una richiesta, mi entusiasma, accetto. Mi danno un numero di battute, un argomento, una data di consegna. Sono felice felice felice, ehi! hanno scelto proprio me! e mi siedo e scrivo. Beh, è fatta, no? Manco pe’ niente.

Ecco cosa succede dentro e fuori da me.

Minchia, ce l’ho. Ho tutto in testa. Adesso scrivo.

Ma dov’è quel quaderno bello che ho comprato l’altro giorno? Devo trovarlo, non posso scrivere altrove. (Non so voi ma ho un quaderno per ogni cosa che scrivo, delle volte uso solo le prime pagine, poi ne comincio un altro perché magari non mi piace più quella carta o scopro improvvisamente che la copertina mi fa orrore).

Quaderno trovato, bene. Adesso scelgo la penna.

[Due ore dopo]

Ok, scendo a comprare una penna, nessuna di queste settantacinque mi soddisfa. (Potrei scrivere al pc, no? No no dai, meglio a penna.)

Buongiorno signora, come sta? E il cagnolino? Come è morto?!?

Ritorno a casa, ho caldo, accendo il ventilatore. Cerco di capire quale sia la posizione giusta da assumere per sentirmi sì rinfrescata ma non indolenzita.

[Passano altre due ore, intanto penso e scrivo in mente. Voi scrivete in mente prima?]

Comincio a scrivere.

Quest’idea è una merda. Fa cagare.

[Cancello tutto, poi straccio il foglio. Lo appallottolo, lo butto]

Apro il libro che sto rileggendo. Dio, che meraviglia. Non scriverò mai così. Sto perdendo tempo. Sto buttando la mia vita. 

[Piango per circa venti minuti]

Ok basta, adesso fumo una sigaretta e poi mi rimetto a scrivere.

Ne fumo quattro. Mangio qualcosa. Faccio due telefonate. Penso a quella cosa della creatività e della disciplina. Mi faccio un bidet con l’acqua fredda. Le idee migliori mi vengono sempre quando sono seduta sul bidet.

Torno al quaderno. Cambio stanza. Cambio penna. Faccio il playback dell’aria de La regina della notte. Penso a mia nonna, a Frank Zappa. Rileggo l’incipit di Chiedi alla polvere. Dormo per finta. Mi alzo, mi butto sotto la doccia. Mi trucco come se dovessi andare sul red carpet a Cannes. Provo le scarpe nuove. Me le tolgo. Zompetto scalza per le stanze. Mi faccio i boccoli ai capelli. Vado da Mimmo e compro un melone. Mi sento stupida.

Preparo la cena. Chiacchiero con l’Alfiero, gli dico che non so più scrivere, che ormai sono vecchia, ma ti ricordi come scrivevo bene prima? Cosa è successo nel frattempo? L’Alfiero mi prende in giro. Guardo svogliata una puntata di River, scorro con il pollice sullo smartphone, sono tutti più bravi di me, forse meglio rinunciare.

Vado a dormire. Non mi addormento mai. Sento le cose in testa. Faccio partire un video asmr. Mi addormento. Alle 4 mi sveglio. ECCOLO, ECCOLO! Ma sono troppo pigra per scrivere senza rossetto. Alle 8 mi alzo e sono triste perché non ricordo nulla di quello che ho pensato alle 4. Mancano 15 ore alla scadenza. Mioddio, che figura di merda. Perderò la faccia, la credibilità, ma che vergogna. 

Esco, bevo succo di mirtillo. Torno, mi siedo, mi rimprovero. Adesso scrivi e basta.

E scrivo. Scrivo bene, ispirata, una cosa diversa da quella che avevo pensato all’inizio. Correggo fino alla morte. Riporto tutto sul pc. Correggo ancora. Invio un’ora prima della scadenza. Va bene.

Ecco cosa succede quando mi chiedete di scrivere qualcosa.

candy

[ph. Unknown woman eating cotton candy by Nina Leen]

 

 

 

 

 

7 pensieri riguardo “Quando mi chiedono di scrivere qualcosa.

  1. Il punto è che forse sei come me, che le cose ti vengono bene solo con la prescia al culo. Tipo, se devo fare la valigia io aspetto sempre l’ultimo minuto buono, prima niente, non ci riesco.
    E sì, anche io scrivo a mente, ma spesso succede quando non posso prendere nemmeno una stupida nota per associazione di idee, delle parole buttate lì a muzzo che mi riconducano al pensiero e puf, quando devo scrivere è tutto svanito nel nulla (e ovviamente nel mio ricordo erano pensieri fichissimi che non riavrò mai più).

  2. Come mi confortano queste tue righe! Ho dieci articoli da scrivere, ne ho scritti 2 in 20 modi diversi, poi ho fatto altre cose.. sono tre giorni che faccio altre cose.. compreso leggere questa pagina, che almeno mi conforta 🙂

  3. Scrivere mentalmente mi riesce benissimo! E anche collezionare quaderni per quando dovrò scrivere davvero… Ne ho decine iniziati con i fini più disparati, e voglio bene a ciascuno di loro come a un amichetto immaginario 🙂

Dai, dicci un fatto pure tu! :)